giovedì 4 giugno 2015

Francesco Buti – Incontrai i tuoi occhi e l’amore

Dario, prendeva abitualmente il pullman. Frequentava l’università di lettere e abitava nella periferia di Firenze. Quando viaggiava aveva sempre le cuffie nelle orecchie. Era una giornata grigia d’inverno. Dario aveva messo lo zaino nel posto libero vicino a lui. Gli si avvicinò una ragazza che non aveva mai visto chiedendogli se il posto era libero. Con la musica nelle orecchie, non rispose subito. Rimase incantato a guardarla. Guardava i suoi occhi verdi, dietro ai grandi occhiali da vista neri. Aveva visto l’infinito. Lei gli rifece la domanda con la voce un po’ più alta. Lui la fece accomodare sorridendole: ”Scusa, avevo la musica nelle orecchie!” Lei rispose: ”Spero almeno che stia ascoltando della buona musica…” “Ascolto un po’ di tutto” sorrise: “Vuoi ascoltare?” Lei prese la cuffia di destra e se la mise nell’orecchio. Quando arrivarono vicino alla stazione di Firenze, si alzò dicendogli: “Questa è la mia fermata, Ciao!” Prese il suo zaino e in fretta raggiunse l’uscita del pullman. Alla stazione scesero tutti. Dario chiese se conoscevano la ragazza che si era seduta vicino a lui. Nessuno la conosceva. Arrivato all’università si mise a parlare con i suoi amici e mentre fumava una sigaretta, raccontò della ragazza. Nel pullman del ritorno lei non c’era. Nel pomeriggio studiò e dopo andò in piscina. Finito di nuotare passò dal bar. C’era il suo miglior amico Marco, c’era Guido e Andrea. Anche loro, quando non li trovava a casa, era certo di trovarli al bar. Raccontò anche a loro di questa ragazza. Marco, rimase pensieroso. Quando finì il racconto disse: “Non ne sono certo ma da come la descrivi, alta quasi quanto te, capelli neri mossi. Occhi verdi e grandi occhiali da vista. Io non la conosco personalmente. Ma ho visto una ragazza simile. Si è trasferita da poco infondo alla mia strada.” Dario rimase sorpreso: ”Non ci credo. Mi prendi in giro, perché non me lo hai detto?” Dando un sorso di birra: “Vieni pure a vedere. Ci sono ancora le scatole della ditta di traslochi dove abita lei.” Dario fece un gesto con la testa. Uscirono dal bar e presero la macchina. Insieme a loro c’erano anche Guido e Andrea. Passarono davanti a casa di Marco poi alla fine c’era quella della ragazza. Tutto era come aveva detto Marco. Ritornarono al bar euforici. Ordinarono da bere. Si fece mezzanotte tra una birra e una sigaretta. Dario salutò e andò a casa. Aprì la porta e vide camera dei suoi genitori accesa. Si affacciò. Stavano già dormendo. Gli spense la luce. Accese il computer e vide che suo fratello da Londra era sempre online su Facebook. Suo fratello faceva il consulente pubblicitario era tre anni che era in Inghilterra con la sua famiglia. Gli scrisse chiedendogli come andava a Londra. Gli raccontò della ragazza. Gli rispose: “Sono contento per te, speriamo sia quella che aspettavi. Stai tranquillo. Vorrei essere li con te, mi immagino già la tua euforia al sapere che è del paese. Sentirsi battere il cuore, da un’emozione inspiegabile. E’ una cosa bellissima. Me lo hai insegnato tu. Saluta la famiglia.” La mattina si alzò di buon umore. Prese lo zaino, infilò le cuffie nelle orecchie, salutò i genitori e si diresse alla fermata del pullman. Gli operai stavano lavorando per montare le luci di natale. Si mise al suo solito posto. Ad ogni fermata alzava la testa. I posti a sedere erano esauriti. Lei non c’era. Nel pomeriggio non tornò a casa andò a mangiare da sua nonna. Quando suonò il campanello, si aprì subito il portone. La nonna abitava in un palazzo nel centro di Firenze. Quando arrivò davanti alla porta dell’appartamento sua nonna gli disse che è già tutto pronto. Prima di entrare le dette un bacio sulla guancia. Arrivò dalla camera suo nonno. Salutò anche il nonno con un bacio sulla guancia. Poi appoggiato lo zaino in un angolo della cucina, si spogliò del cappotto e si mise a tavola. Chiese ai nonni se avevano mangiato. Il nonno gli rispose di si e lui gli chiese se rimaneva a fargli compagnia. Gli piaceva parlare con i suoi nonni. Parlare dei loro vecchi tempi e farsi raccontare dei suoi genitori. I suoi nonni erano un po’ come suo fratello, poteva raccontare qualsiasi cosa. La nonna gli chiese se andava tutto bene sia all’università che al di fuori. Dario gli raccontò dell’incontro con quella ragazza. Il nonno: “Ci sono cose che non puoi cambiare. Ma questa non mi pare una tragedia, questa ragazza se la rivedi puoi giocare le tue carte. Se è una che ne vale la pena giocare tutti i tuoi assi. Allora fallo.” Dario rimase sbigottito dalle parole che gli aveva detto. Sua nonna che si era messa a fare la maglia, annuì: “Ha ragione tuo nonno. Se prima o poi non ti butterai, non saprai mai cosa vorrà dire volare.” Dario riempì il bicchiere e lo buttò giù tutto d’un fiato. Il nonno intanto era sceso in cantina. Ci scendeva tutte le volte che aveva bisogno di riflettere. Quando finì di mangiare, si rivestì prese lo zaino e salutò la nonna con due baci sulle guance. Le disse: “Domani ho un esame. Vado in biblioteca a studiare” Lei semplicemente gli rispose: “Vai pure. Lo sai te quello che devi fare.” Scese le tre rampe di scale e arrivò davanti al portone, sulla sinistra c’erano le scale delle cantine. Scese anche quelle per andare a salutare il nonno. Era intento a guardare delle vecchie foto. Affacciandosi: “Nonno. Io Vado. Ma che stai facendo?” “Niente. Stavo Pensando a quanto tempo è passato dalla prima volta che ho incrociato lo sguardo di tua nonna. Ne abbiamo passate tante ma siamo ancora qui, ed io senza di lei non saprei come fare.” Scese le scale e arrivo fin da lui: “Quanti ricordi ci sono qui dentro” “Vorrei sentirti parlare d’amore. Sentire parlare i giovani d’amore è così difficile.” Mostrando a Dario una foto con lui e sua nonna. Vide negli occhi neri di suo nonno l’amore. “Eravate bellissimi” “E’ passato tanto tempo.” Dario sorrise. Si abbracciarono e il nonno gli disse di andare. Si avviò verso la biblioteca. Si mise la musica nelle orecchie. Entrò in biblioteca. Cercò un posto con un computer libero. Tirò fuori i libri e un blocco notes. Impostò la sveglia per non perdere il pullman e incominciò a scrivere. Quando studiava erano rare le volte che si distraesse. Quando la sveglia suonò, rimise tutto nello zaino. Se ne stava andando quando vide dall’altra parte della stanza una ragazza. La ragazza del pullman. Anche lei, era immersa nello studio. Tornò indietro, si avvicinò al suo tavolo: “Ciao! Cosa sei a studiare? Ti ho visto mentre stavo uscendo.” Lei lo guardò con i suoi occhi verdi da sotto quei grandi occhiali neri: ”Ciao! Domani ho un esame tutto in lingua inglese” Sorrisero. Dario guardò l’orologio e le chiese: “Che fai, ti trattieni ancora?” Lei guardò il suo: “Il prossimo pullman quando c’è?” Lui guardandola sempre perso nei suoi occhi “Tra un’ora e mezzo” le sorrise. Aspettò che rimettesse i libri nello zaino. Mentre si incamminavano verso l’uscita, Dario la guardava e le disse: “Io sono Dario, piacere”. Lei si fermò, un po’ imbarazzata, lo guardò sorridendo: “Scusa. Io sono Sofia, piacere”. Sofia faceva l’università di lingue. Si era trasferita nel paese di Dario perché la sua famiglia non voleva vivere in città. Proveniva da un paesino vicino a Chieti. Si erano dovuti spostare per sua madre che aveva una ditta di tessuti insieme alla zia. Il padre invece si arrangiava. Da due mesi aveva trovato un lavoro come panettiere. Aveva anche una sorella più piccola. Arrivato il pullman, continuarono a parlare. Dario gli parlò di Marco, Guido, Andrea e delle volte che si ritrovavano al bar. Parlarono di musica e dei film che per loro sembravano i migliori e i peggiori del mondo. Parlarono di tutto e di niente. A Dario sembrava che quel viaggio non fosse durato abbastanza quando si aprirono le portiere e i due scesero nella piazza centrale del paese. Sofia lo salutò e si diresse verso casa. Dario le chiese se l’indomani l’avrebbe rivista. Gli sorrise: “Tieni il posto”. Tornò a casa felice. Non si sarebbe mai aspettato di conoscere Sofia in biblioteca. Adesso sapeva il suo nome e un po’ di cose su di lei. Quella sera non uscì al bar. Doveva finire di studiare. Sul cellulare gli arrivò un messaggio di Marco che gli chiedeva il perché non fosse uscito. Gli rispose che aveva da studiare e poi gli scrisse che la ragazza del pullman si chiamava Sofia. Al mattino Dario uscì, non aveva le cuffie nelle orecchie. quando salì sul pullman dette anche il buongiorno al conducente. Si mise al solito posto. Non gli sembrava più la solita monotonia perché stava per arrivare Sofia. Dopo un po’ arrivò. Si sorrisero e si salutarono con due baci sulle guance. Dario le chiese se era preparata per l’esame. Lei gli rispose che forse era meglio la musica, così si sarebbe rilassata. Sofia prese l’Mp3 di Dario e si infilò una cuffia. Si addormentò sulla sua spalla. Dario la guardava mentre dormiva. Quando furono vicini alla fermata dove scese qualche giorno prima, le sfilò la cuffia dall’orecchio e ci soffiò. Sofia si svegliò di soprassalto. Alzando lo sguardo, vide la sua fermata. Si rimesse a posto i capelli e prese lo zaino. Dario, gli chiese: “Che fai stasera?” Alzandosi in fretta: “Non lo so. Ma so che faccio ora. Scendo.” Prima che arrivasse all’uscita: ”Ti passo a prendere?” Con il dito alzato fece segno di si, mentre stava scendendo dal pullman. Dario arrivò entusiasta all’università. Raccontò ai suoi amici che la ragazza che cercava si chiamava Sofia. L’esame andò bene e quegli addobbi che tutti gli anni metteva per Natale, non sembravano niente in confronto a quello che si sentiva nel cuore. Quella sera Dario passò ha prendere Sofia, andarono a vedere un film al cinema. Si incontravano tutte le mattine e lei tutte le mattine si addormentava sulla sua spalla. Erano passati tre mesi. Lui l’aveva portata anche a cena fuori. Gli aveva presentato Marco, Guido e Andrea. Una sera, Guido gli mandò un messaggio: “Sabato festa a casa di Zoe. Porta anche lei.” Disse della festa a Sofia mandole un messaggio: “C’è una festa sabato. Passo a prenderti alle venti” ed Sofia rispose “Ti aspetto”. Si ritrovarono al solito bar. Fecero un aperitivo. Guido fece conoscere la ragazza che aveva incontrato al mare. Marco al secondo prosecco propose di andare alla festa. La casa di Zoe non era lontana. Andrea e Marco erano in moto. Dario guidava parlando con Sofia mentre lei ad ogni canzone che non le piaceva la cambiava. La villa aveva un grande giardino ed una piscina. C’era musica, da mangiare e da bere ovunque. Mentre ancora ridevano di una battuta di Marco, lui la prese in disparte portandola in giardino. L’unico posto dove stare soli, tranquilli. Chiuse la porta del salone e lei gli chiese: “Perché mi hai portato qui? Fa un po’ fresco, io non ho niente addosso. Prendo la giacca.” Dario la guardò, sorrise: “Io ti conosco da soli pochi mesi. Ma mi pare di conoscerti da una vita intera. Dal primo giorno che ti ho vista sotto i tuoi occhiali, ho visto che tu eri diversa. Mi hai completato come nessuna ragazza aveva mai fatto prima.” Sofia arrossì: ”Pensavo di essere solo un’amica per te.” Dario si avvicinò. Lei abbassò gli occhi. “Io non voglio essere tuo amico. Ma anche più di più. Continuando a parlare come abbiamo fatto scambiandoci le nostre paure e i nostri sogni. Standoci vicini…Io Ti Amo” L’abbracciò. Lei lo guardò negli occhi e gli sorrise. Si baciarono. “Anche Io”, rispose lei. Lasciarono la festa intorno alle due di notte, riaccompagnò a casa Sofia salutandola con un bacio sulla bocca. Guido fu il primo a lasciare la festa. Marco se ne andò con una ragazza. Andrea invece era così ubriaco che rimase a dormire da Zoe. Dario sul telefonino aveva due messaggi. Uno del fratello e l’altro di Sofia. Quello del fratello diceva che sarebbe tornato nel pomeriggio e che Pasqua l’avrebbe trascorsa a casa. L’altro: “Grazie della bella serata, non mi divertivo così da tempo. A domani. Ti Amo”. Ancora oggi Sofia si addormenta sempre accanto a lui, mentre lui vede sempre nei suoi occhi l’infinito.

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