mercoledì 23 maggio 2012

Valentina Rodighiero - Dove tutto va a finire


17 febbraio
Oggi è un giorno meraviglioso. Tu sei meraviglioso.
La vita mi inonda quando mi guardi negli occhi con il tuo mezzo sorriso e le tue mani leggere e decise sui miei fianchi mi appoggiano alla parete. La mia schiena tocca le piastrelle ed è attraversata da un brivido di eccitazione proibita mentre mi baci proprio qui, tra le mura di questo bagno stretto che ci proteggono dagli sguardi indiscreti dei colleghi.
Sento il profumo dei tuoi capelli mentre le tue mani e la tua bocca percorrono il mio corpo. Ti soffermi un attimo, incantato dal mio piccolo sole tatuato; la mia mano trema sfiorando la chiave di violino disegnata sulla tua schiena. Sei dentro di me, il tempo si ferma ed esistiamo solo noi, vibranti all’unisono in un unico corpo.
Poi restiamo stretti l’uno all’altro, cercando di calmare il ritmo forsennato del cuore e del respiro, increduli e perfetti per un attimo in un mondo immobile e imperfetto.

20 febbraio
Sono felice, felice, felice.
La felicità si nasconde in cose piccole, in luoghi ovvi, dove non ci viene neanche in mente di cercare, sotto forma di un fine scintillio frizzante, una marea inaspettata, una vibrazione sulla lunghezza d’onda giusta.
E basta poco per frizzare: l’alba, una giornata invernale di sole con il sapore della primavera, un bacio rubato profumato di mela e caffè.

21 febbraio
La tua casa è come te, calda e piena di polvere e sogni.
È così facile per noi spogliarci dei vestiti; arduo, invece, mostrare nuda la nostra anima, che abbiamo sepolto dietro muri d’acciaio per impedire che venga ferita ancora. Lentamente scopro il tuo corpo e mi innamoro di ogni centimetro della tua pelle. Facciamo l’amore ancora e ancora, come volendo recuperare in poche ore gli anni trascorsi l’uno senza l’altro. Ci sentiamo protetti dalla notte che corre veloce.
Ti vedo, divina opera d’arte, in piedi al centro della stanza, di spalle, illuminato di traverso dalla luce del bagno dimenticata accesa. Vedo i tuoi ricci indomabili, le tue spalle forti, vedo parole di inchiostro che ti abbracciano il petto e si muovono con il tuo respiro. Ti volti e sorridi, ma è un riso amaro quello che ti piega le labbra mentre mi mostri un lembo della tua anima. C’è rammarico nelle tue parole, c’è la determinazione di vincere e di arrivare in alto per riscattare e guarire le ferite subite. Si dice che, se scruti dentro l’abisso, l’abisso scruta dentro di te; ed è così che la tua anima si insinua sotto la mia pelle senza che io possa fermarla. E all’improvviso ti accorgi che stai perdendo il controllo della tua vita e della tua anima. Forse mi hai mostrato troppo, forse hai visto troppo di me, forse non sei abituato a sentire l’armonia di cui risuoniamo ora. Sei ancora vicino a me ma sento che ti dibatti e scappi, ti allontani correndo mentre scivoliamo nel sonno.
È notte e io ascolto il tuo respiro profondo e regolare. Sento, violenta, la paura di non poterlo più ascoltare, la paura della tua paura, la paura di trovarsi a lottare contro fantasmi perfetti, essendo così imperfetta. E respiro quello che ormai è un ricordo di respiro, raccogliendo le energie per proseguire, al buio, sul filo del rasoio.

3 marzo
Dove sei finito, ossigeno puro che mi mantiene in vita? Dov’è finita la condivisione profonda di corpo e anima?
Ti ho incontrato per caso oggi. Non mi hai salutato, non mi hai nemmeno guardato negli occhi. Non sono sicura dell’esattezza delle mie percezioni, sento troppo me stessa quando tu mi sei vicino; però oggi ho sentito la paura, e non era mia. Quando ti sento debole mi sento forte. Non è cattiveria, è che non sono più sola con il mio sentimento grandissimo e mi torna la forza di respingere il panico. Torna anche la rabbia per un rifiuto, per un silenzio che non capisco. La rabbia e la forza non mi rendono felice, ma mi aiutano a sentirmi meno triste. Però verso sera mi sento più stanca e, nel silenzio, i pensieri sembrano gridare di più. E mi tornano in mente le tue parole e le cose che amo di te, e il tuo corpo si disegna ancora nitido nei miei occhi. E non voglio spiegazioni, non voglio nient’altro che tornare indietro e avere ancora la tua pelle sulla mia e il tuo odore intorno. Vorrei solo poter ancora credere alle parole che ricordo. Vorrei solo sentire che ci sei. Ma questa notte cammino da sola.

5 marzo
Piove forte su Novara.
Ti prenderei per mano e camminerei con te fino in capo al mondo sotto questa pioggia. Ti abbraccerei mentre i nostri capelli si bagnano. Mi basterebbe poterti guardare, con i tuoi occhi a pochi centimetri dai miei occhi. Ancora una volta mi basterebbe sentire che ci sei. Invece sei così dannatamente lontano, e sotto questa pioggia di nuovo cammino da sola.

8 marzo
Fortunatamente mi restano le amiche, che mi indicano una via e mi danno speranza. Traggo da lì la forza in attesa di tuoi cenni.
Però il venerdì pomeriggio e il ricordo di te sono un tutt’uno. Forse è solo la stanchezza della settimana, o la relativa solitudine, o il weekend che inizia senza un tuo sorriso, o l’effetto della sera. Ma sospetto che il ricordo sia legato proprio a questi corridoi semideserti, alle luci spente negli uffici, a questa atmosfera abbandonata e notturna, la stessa che si respirava quando ci incontravamo di nascosto e mi prendevi un bacio tra un sorso di caffè e l’altro.

11 marzo
Oggi ti vedo nuotare per la prima volta. Il tuo delfino è una poesia non scritta che ad ogni bracciata svela un nuovo verso. Nessun sogno può eguagliare la visione di te, seduto a bordo vasca, la tua pelle lucente di gocce e lo sguardo perso nel vuoto. Vorrei essere blu e mimetizzarmi con l’acqua, per spiarti non vista. Mi rendo conto di nuotare con rabbia, ma non so se è rivolta contro di te che sei meraviglioso e lontanissimo, o contro di me che continuo a desiderarti così intensamente.

15 marzo
Il tuo rifiuto mi colpisce allo stomaco. Credimi, non è una metafora se ti dico che non riesco più a respirare.

17 marzo
Un mese dopo sono seduta sul pavimento, in questo bagno dove tutto è cominciato.
E tu sei con me, finalmente.
Non sono più felice, il cuore è spezzato e mi fa ancora male; ma ora anche il tuo è spezzato e mi tieni compagnia nel dolore.
Mi sembra di sentire la tua voce, un suono più flebile di un respiro. Mi stai chiedendo perdono per avermi ferita? O forse stai pregando, tu che non hai mai creduto in nulla? Mi chino su di te ma troppo tardi, hai già smesso di mormorare. La luce nei tuoi occhi si spegne lentamente. È una lacrima quella che ti riga il volto? Il tuo sangue continua a scorrere dalle ferite di coltello. Una scia scarlatta scorre sulle piastrelle fredde verso l’esterno.
Poso la testa sul tuo petto, umido e appiccicoso. Aspetto. So che tra poco verranno a prendermi; ma tu sei con me ora ed io non ho più paura. Finalmente respiro di nuovo.

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